venerdì 28 agosto 2020

La voce della Montagna: Cima Cadina

 


In alcuni posti e in alcuni momenti, si può ascoltare la voce della Montagna...

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(Alba di Canazei, Val di Fassa, 28 agosto 2020) - E' venerdì e domenica si torna a Roma. Le previsioni del tempo non sono il massimo, ma domani sarà peggio, per cui è deciso: si va in montagna.

L'importante è scegliere l'itinerario giusto, tale che il rischio, anche in caso di meteo avverso, non ecceda il limite (molto basso) che sono disposto ad accettare. Scelgo una lunga e facile traversata, per la val Contrin fino al passo San Pellegrino, attraverso il passo delle Cirelle. Se è possibile, aggiungerò la salita alla cima Cadina orientale.

Mi incammino dal piazzale della funivia del Ciampac (1550 m) alle sette e quaranta: in giro, come sempre a quest'ora, c'è praticamente nessuno. Inoltre il tempo è nuvoloso e minaccia pioggia per il pomeriggio.

Prendo a salire per il ripido bosco, con buon passo regolare, la fatica non è eccessiva ma anzi è quasi rilassante. Arrivo presto alla baita Locia de Contrin (1736 m), dove inizia la meravigliosa omonima valle.

A quest'ora è ancora tutto in ombra, l'aria pizzica sulle braccia e sono avvolto da un silenzio interrotto solo dal canto degli uccelli. Avanzo a buon passo tra prati ed abeti e, ad un tratto, vedo una figurina snella, scura e sinuosa, muoversi nei prati alla mia destra, attraversare la strada forestale con balzi e poi fare dietrofront per tornare da dove era venuta, sempre ondeggiando elegante. E' una martora, un mustelide piuttosto difficile da osservare, ma che a quest'ora, in questo posto meraviglioso,  è possibile incontrare.


Martora
La martora in val Contrin

Amo molto la natura e questo incontro, piuttosto raro, mi emoziona un po'. Purtroppo si tratta di una bestiolina piuttosto schiva, e sparisce in poche decine di secondi. Mi fermo alcuni minuti, montando il teleobiettivo sulla fotocamera, nella speranza che riappaia per farle una foto migliore di quella che le ho scattato al volo, ma niente.

Riprendo la  mia marcia tra i prati verdi, ricoperti di rugiada, che fumano vapori trasparenti. 

Conosco abbastanza bene questa valle, l'ho percorsa molte volte, sin da quando ero solo un bambino. E' un ambiente molto vario e abbastanza integro, popolato da abbondante fauna. Per questo, ad un certo punto, ascolto il mio istinto che mi suggerisce la presenza di camosci... Mi fermo e mi guardo intorno, mi volto in direzione del massiccio Collac e, sotto le rocce, dove finiscono i prati, scorgo un grosso esemplare che sta brucando l'erba: un'altra sosta fotografica è d'obbligo.


Camoscio - Rupicapra rupicapra
Camoscio in val Contrin

Purtroppo il camoscio è piuttosto lontano e anche con il teleobiettivo le foto non sono un granché, ma pazienza: la soddisfazione che mi danno questi avvistamenti è sempre tanta.

Cammino ancora nella valle che si fa più ampia, mentre le alte cime che la delimitano tutt'intorno vengono coperte e scoperte dalle nuvole. Attraverso il torrente e passo davanti alla capanna Robinson, dove su un abete, uno scoiattolo salta da un ramo all'altro per nascondersi alla mia vista. 


Val Contrin
Val Contrin

Val Contrin
Val Contrin

Ora la mulattiera si fa più ripida, si fa largo fra radi larici e, con qualche ampia svolta, arriva al rifugio Contrin (2016 m), uno dei più antichi ed ospitali delle Dolomiti. Finora ho incontrato quattro persone, due coppie che scendevano dopo aver, presumo, pernottato al rifugio: saranno le uniche che vedrò per le successive quattro ore di cammino.

Dopo il rifugio e la vicina malga, il paesaggio cambia: si attraversano prati e radi boschi di larice e cembro, si attraversa il piccolo ma impetuoso ruscello e si sale, seguendo una timida traccia, superando vari dossi che si susseguono e che conducono su inclinate terrazze panoramiche, di una bellezza commovente, dei veri giardini alpini. Le nuvole continuano a nascondere e svelare le cime che fanno corona alla testata della valle, molte delle quali superiori ai tremila metri. Fra queste, la Punta Penia, vetta culminante della regina Marmolada, che si offre, ad un tratto, completamente libera alla vista, per pochi minuti, prima di tornare dietro alla cortina bianca e soffice.

Marmotta - val Contrin
Marmotta in val Contrin

Cima Ombretta
Le rocce dell'Ombretta

Malga Contrin
Malga Contrin e Col Ombert

I Vernel e la forcella Marmolada



Punta Penia -  val Contrin
Il profilo di Punta Penia tra i vapori delle nubi

Sono qui, immerso nella montagna, senza contatto con  altri esseri umani, circondato da una Natura forte e severa, che mi incute rispetto, ma non paura. In queste situazioni sento la voce della Montagna, l'ambiente attorno a me riesce a comunicarmi qualcosa, delle emozioni e delle sensazioni troppo difficili da spiegare con parole. Un senso di soddisfazione e di appagamento mi pervade, una sorta di emozione, mi sento più sensibile. Procedo a camminare, a passo svelto, e lo sforzo che compio, in salita, mi fa sentire bene, mi fa sentire come più vivo e presente.

Forcella Marmolada, val Contrin
Piccolo e Gran Vernel, forcella Marmolada

Piccolo Vernel, forcella Marmolada, Punta Penia
Piccolo Vernel, forcella Marmolada, Punta Penia

Val Contrin e Collac
La val Contrin con il Collac

Salendo, il paesaggio cambia continuamente, per conformazione e per sostanza: gli ambienti che attraverso si fanno più angusti e verticali, mentre il terreno su cui poggio i piedi si fa più sassoso e l'erba più corta e rara. Tra grandi massi erratici e ghiaioni di sassi più o meno fini, giungo in un'ampia conca, tra residuati bellici della Prima Guerra. Il sentiero non è molto marcato e varie tracce, probabilmente solcate dai soldati cento e più anni fa, si confondono sul terreno, ma individuo quella giusta, che sale diagonalmente verso il passo che devo svalicare.


Si passa accanto ad aspre rocce


Cima Ombretta e Sasso Vernale

La lunga cresta del Sasso Vernale
Il sole si affaccia per illuminare le rocce dell'Ombretta

Salgo verso l'alto e le nuvole si spostano in basso, mi vengono incontro. Prima di arrivare alla sella, vedo sulla sinistra, sui pendii che scendono da cima Ombrettòla, un piccolo gruppo di stambecchi in cerca di erbe, che lentamente si muovono sugli scocesi pendii, allontanandosi. Ancora pochi minuti e arrivo al passo delle Cirelle (2680 m).


Sasso Vernale
Sasso Vernale


Sono giunto alla base delle nuvole e l'atmosfera è ovattata, senza ombre, un po' irreale. Devo decidere se salire alla vicina cima Cadina: visto che, anche se nuvoloso, non sembrano essere imminenti piogge o temporali, decido di salire, tanto più che, a differenza da quando ci salii un po' di anni fa, vi sono abbondanti segni di vernice biancorossa a segnare il percorso. 

Mi incammino quindi sulle non ripidissime, ma pur sempre faticose ghiaie che risalgono il pendio della montagna. Ormai, a questa quota, non ci sono più tracce di vita vegetale, ma solo sassi e roccia. Spira un bel vento che, nei punti più aperti, mi intirizzisce alquanto. Lungo il cammino passo accanto alle Cannoniere italiane, due postazioni d'artiglieria scavate nella roccia dagli Alpini nel 1915: entro nella più ampia, percorrendo una piccola galleria, al fondo della quale una finestra si apre proprio sul rifugio Contrin, che appare lontano, in fondo alla vallata. Cento e più anni fa, durante la guerra, il rifugio ospitava un comando militare austriaco e i "nostri" lo cannoneggiavano da qua su.


Dentro la postazione della Cannoniera




Dalla Cannoniera

Esco dalla piccola galleria e proseguo il mio cammino, sul monotono pendio di ghiaie, nella nebbia e nel vento, seguendo gli ometti di sassi. Pian piano il pendio si restringe sempre più, fino a condurmi, un po' affannato, sulla vetta della Cima Cadina orientale (2885 m).

L'ambiente delle cime Cadine
Cima Cadina orientale
Cima Cadina orientale





La cresta delle cime Cadine

Sulla vetta, solo un mucchio di sassi in cui è infilato un corto bastone di legno con attaccate delle bandiere di preghiera tibetane, logorate dal vento e dagli agenti atmosferici. Mi fermo poco, per riposarmi un po': purtroppo la visibilità è nulla, mentre da qui ci sarebbe un panorama fantastico. Riprendo quindi a scendere per i vasti ghiaioni, prima seguendo gli ometti di sassi, poi i segni di vernice che conducono dalle postazioni di artiglieria al passo delle Cirelle. Bastano una manciata di minuti per riportarmi al valico: da qui, prendo a scendere sul lato sud, per il ripido ghiaione, incassato tra le cupe pareti di roccia, rese più inquietanti dalle nebbie che coprono e scoprono il paesaggio circostante.

Scendendo dalle Cirelle

La discesa è impervia e il sentiero, ripido, a volte si perde tra le ghiaie e ci sono numerose tracce che si intersecano, a zigzag, per tutto il vallone. Scegliendo il percorso migliore, stando attento a non scivolare, scendo a passo svelto in questo cupo e suggestivo scenario, con nelle orecchie solo lo scrosciare secco dei sassi che si muovono sotto i miei piedi. Dopo alcune decine di minuti giungo ad un punto dove il canalone si allarga.

Nel canalone delle Cirelle

Scendendo dal passo delle Cirelle

In fondo, i prati di Fuciade


Il sentiero ora comincia ad attraversare a mezza costa, mentre gradualmente le ghiaie cominciano a lasciare il posto all'erba e ai prati: si ricominciano a sentire i fischi delle marmotte. Al Bus de la Tas'cia (2350 m circa), su uno splendido prato ai piedi delle severe rocce della punta Jigolè, trovo un suggestivo monumento a ricordo dei caduti della Grande Guerra, di entrambi i fronti. Mi fermo un po' a riposare, tra le stelle alpine. 

Una bella marmotta


Torre Enrica

Monumento ad Alpini e Kaiserschützen 



Da qui in poi posso scendere rilassato, tra ampi pascoli popolati di bestiame. Dopo ore di cammino, incontro nuovamente degli escursionisti, che si fanno sempre più numerosi quando arrivo a Fuciade (1980 m), splendida località tra prati e fienili, dal panorama meraviglioso.

Ora devo solo percorrere la monotona ma piacevole sterrata che porta al passo San Pellegrino, fra frotte di turisti che si affannano per raggiungere il ristorante di Fuciade prima della pioggia: le prime gocce infatti si fanno già sentire, per cui allungo il passo. In non molto, raggiungo il ristorante Miralago, dove mi attende il resto della famiglia, per un pranzo delizioso! Ormai la Montagna autentica è lontana, molto più dei pochi chilometri che fisicamente me ne distanziano: qui, tra le automobili e le valorizzazioni turistiche è muta, la sua voce non si sente più...




Commento finale


Quelli attraversati in questa escursione sono tra i luoghi di montagna che più amo, che più mi suggestionano ed emozionano. Per questo potrei non essere obiettivo nel giudicare questa gita che, a mio parere, è stupenda, dato che, come ho scritto, permette di godere di una esperienza autentica di montagna, tra panorami magnifici, fauna abbondante e bellezze naturali eccezionali.







Dati dell'Escursione



Data: 28 Agosto 2020
Partenza/Arrivo: Alba di Canazei, 1550 m
Punto più alto: Cima Cadina orientale, 2885 m
Rifugi:  Rif. Contrin, 2016 metri; Rif. Fuciade, 1972 metri;
Dislivello totale: 1340 metri in salita e 900 metri in discesa 
Tempo impiegato5 h 10 min circa (incluse soste) - da Alba (1550 m) al rif. Contrin (2016 m): 1 h 18 min; da rif. Contrin a passo delle Cirelle (2680 m): 1 h 30 min; dal passo delle Cirelle a cima Cadina est (2885 m):  20 min; da cima Cadina a passo delle Cirelle: 13 min; dal passo delle Cirelle al rif. Fuciade  (1972 m): 1 ora 10 min; da Fuciade a passo San Pellegrino (1950 m): 30 min  
Sviluppo del percorsocirca 18 Km
DifficoltàE+  - il percorso si svolge per lo più su classici sentieri per escursionisti, senza particolari difficoltà. Qualche esperienza in più forse richiede la seconda parte del percorso per la cima Cadina, in quanto nell'ultimo tratto, un quarto d'ora al massimo, il cammino si svolge senza una traccia netta, su terreno uniforme, che in caso di condizioni atmosferiche sfavorevoli può comportare problemi di orientamento: è comunque segnalato da abbondanti ometti di pietra e relativamente breve.
Attrezzatura: Scarpe da montagna. 



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