martedì 11 agosto 2020

Dolomiti nascoste: Sentiero attrezzato Gino Badia

 

Salendo a forcella Pief


Nella val di Fassa affollata di turisti, in pieno agosto, è possibile trovare itinerari ben segnati ed attrezzati, dove per gran parte della gita l'unica compagnia è quella degli animali selvatici...


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(Pera di Fassa, 11 agosto 2020) - Sono quasi le sette mentre esco di casa: la val di Fassa è ancora in ombra e silenziosa, l'aria è fresca e le poche persone in giro sono quasi solo i valligiani che si recano al lavoro. Quasi nessun turista.

Scendo da Pera Alta, attraverso il torrente Avisio e prendo la scorciatoia per i prati, percorro Meida fino alle ultime case e mi inoltro verso la val San Nicolò, che si apre tra il massiccio della Vallaccia e il verdissimo altipiano vulcanico del Buffàure. Giunto alla Malga al Crocifisso (1526 m), mi incammino sulla destra inoltrandomi nella Val Monzoni. Fino a qualche anno fa si poteva arrivare in auto fino a qui, a quota 1610 m circa: ora, per gestire l'affollamento turistico estivo, è obbligatorio parcheggiare molto più a valle, nella zona di Vidòr, a circa 1450 m d'altezza. Un servizio di navetta a pagamento consente di raggiungere la Val San Nicolò e la Val Monzoni, a meno che non la si voglia fare a piedi. Visto che mi piace camminare, io me la sono fatta a piedi direttamente da Pera... 

Salgo quindi per la stretta Val Monzoni, avvolto dai cupi boschi di abete e costeggiando le scure rocce vulcaniche. Questa valle stretta e boscosa è sempre molto fresca, anche nei periodi più torridi. Il sentiero che devo percorrere, dopo poco, lascia il fondo della valle e attraversa il torrente, salendo molto ripido sui fianchi verdissimi ricoperti di cembri e larici.


Il Ruf de Munciogn
Il Ruf de Munciogn

Salgo lungo una larga mulattiera, molto ripida e faticosa, in direzione della forcella dal Pief

Via-via che guadagno quota, le sempre più frequenti radure del bosco mi consentono colpi d'occhio suggestivi sulla Val Monzoni e le sue tante baite, sul vicino gruppo della Vallaccia e, più lontano, sul Catinaccio in tutto il suo splendore.


Gruppo della Vallaccia
Il Sas Morìn e Cima Undici/Sas da le Undesc

Salendo a forcella L Pief
A sinistra il gruppo della Vallaccia, a destra il Catinaccio

Oggi il tempo è nuvoloso e il sole è spesso attenuato da nubi più o meno dense. La luce particolare, assieme all'atmosfera tranquilla e silenziosa, danno un gran senso di pace e serenità. Continuo il mio cammino, ancora in buona salita, e in non troppo tempo raggiungo infine il valico.


Forcella dal Pief
Forcella dal Pief, vista verso ovest

Forcella dal Pief
Forcella dal Pief, vista verso est


Attraverso la forcella dal Pief (2182 m) per un caratteristico cancelletto, che serve a non far passare il bestiame. Dall'altro versante la vista si apre su una bella distesa di pascoli, qua e là punteggiata da malghe e baite, e su di un piccolo e torbido stagno per abbeverare il bestiame. Sullo sfondo, si impone la val San Nicolò con vari gruppi dolomitici a chiudere il panorama all'orizzonte.


L Pief
L'alpeggio del Pief


L Pief
L'alpeggio del Pief

E' quel che si dice un paesaggio idilliaco, dove il verde la fa da padrone: il suolo di origine vulcanica rende infatti molto fertile queste zone, ricoperte da una folta vegetazione erbosa. La mia meta però è ancora di là da venire, e si tratta di una meta più aspra e pietrosa, dove il mondo minerale vince su quello vegetale. Mi rimetto quindi in cammino per raggiungere la forcella de l'Ort e il sentiero riprende quindi in forte salita, dopo aver attraversato in orizzontale i pascoli alla base delle rocce del Sas dal Pief.


Salendo verso la conca de l'Ort

Salendo verso la conca de l'Ort


Il percorso ora si fa un po' più selvaggio: non più larghe mulattiere, ma tracce tra i prati, a volte poco evidenti, e, più in su, aspri ghiaioni da attraversare.  Infatti, scavalcata una spalla erbosa ai piedi del Sas dal Pief, il sentiero costeggia gli accidentati versanti pietrosi della Punta del'Ort, selvaggi e silenziosi. Non ci son più pascoli grassi e rigogliosi, ma scoscese pietraie e magri fazzoletti di erbe alpestri. 

Osservando questo ambiente, mi dico che è il luogo ideale per i camosci... e infatti, girando lo sguardo attorno, appare, lontano, in alto, sui ghiaioni ai piedi di rocce scoscese, un grande branco intento a pascolare le esili erbette montane. Io sono proprio sotto di loro ed essi, vedendomi, interrompono il loro pasto, rimangono un attimo sorpresi e, d'improvviso, prendono a fuggire, agili come solo loro sanno essere, tra le rocce instabili e verticali. Molti sassi cadono, lontano da me, ma la prudenza e il rispetto per questi stupendi animali mi spingono ad aspettare che siano di nuovo a una distanza che non li metta in allarme.


Ingrandendo al centro della foto, cinque camosci, quattro piccoli e una femmina

Ingrandendo al centro della foto, un camoscio in corsa

Ingrandendo la foto, sulla cresta spunta un camoscio in vedetta

Cessata la piccola frana causata dalla fuga del branco di camosci, avanzo sul sentiero che taglia il ghiaione alla base delle rocce. La traccia aggira uno sperone roccioso ed entra nel circo glaciale de l'Ort, serrato da una serie di torri e pareti: tra queste, come una stretta fessura, c'è la forcella de L'Ort (2504 m), attraverso la quale dovrò passare. Qui ritrovo i camosci di prima, che continuano ad allontanarsi: ne conto più di venti, ma sono sicuramente di più. Attraversano svelti le ghiaie, verso una verde forcella che porta sull'altro versante della montagna. Le femmine ogni tanto si fermano per attendere i piccoli, un po' impacciati, e poi riprendono insieme la loro corsa.


Vista verso la val Monzoni, Pozza di Fassa e il Catinaccio

L'ultimo camoscio attraversa una forcella erbosa
Forcella de L'Ort
Le rocce che chiudono il Circo de L'Ort: a sinistra l'omonima forcella

Ora devo risalire i ghiaioni che portano alla forcella, attraverso la quale potrò passare dall'altro versante della montagna: ci sono varie tracce che zigzagano in salita, molto molto ripide, a volte poco marcate. Non è certo comodo né facile, ma soprattutto è molto faticoso. Fortunatamente è tutto in ombra. Dopo circa un quarto d'ora di duro procedere, arrivo alle roccette attrezzate con corda metallica: il sentiero attrezzato intitolato a Gino Badia. Indosso il casco e comincio a salire. I passaggi non sono difficili, ma un po' delicati, sia per la friabilità delle rocce che per alcuni tratti molto ripidi. L'esposizione non è mai eccessiva, ma in molti punti ho l'impressione che una caduta sarebbe pericolosa: devo quindi stare molto attento. Percorro un po' ansimando varie rampe di rocce, finché sbuco sotto alla stretta forcella, dalla quale una lama di luce preannuncia che, sull'opposto versante, il sole splende già da parecchio.

Salendo alla forcella de L'Ort, panorama sul Catinaccio

Forcella de L'Ort
Forcella de L'Ort


Mi infilo tra le due quinte di roccia e percorro i pochi metri su fondo terroso, stretto tra le altissime pareti verticali ai lati: il passaggio è largo poco più di un metro! Spuntando dall'altra parte, la meraviglia e la soddisfazione emergono improvvise!


Forcella de L'Ort

Forcella de L'Ort
Forcella de L'Ort: sullo sfondo il gruppo del Sassolungo

Rif. Le Selle visto dalla forcella de L'Ort

Il versante orientale della forcella, baciato dal sole, cala ripidissimo sulla verde valle delle Selle; in lontananza si vede chiaramente il passo de Le Selle e l'omonimo rifugio. Ma per raggiungerlo devo prima scendere per un ripidissimo sentiero su ghiaie scivolose, costeggiando a sinistra le pareti rocciose.


Val de le Selle
La val de le Selle

Scendendo da forcella de l'Ort
Scendendo da forcella de l'Ort


Il tratto ripido e franoso è breve: si giunge presto a un piccolo sentierino che attraversa, con scarsi sali-scendi, i verdi prati della testata della valle delle Selle, tra varie tracce di filo spinato e fortificazioni della Prima Guerra Mondiale. In breve, con salita non troppo lunga né ripida, arrivo all'ampia apertura del passo delle Selle (2528 m).


Ricordo degli Standschuetzen di Fassa che combatterono nel 15/18

La val de le Selle, sullo sfondo i Monzoni e la Vallaccia

Da passo Le Selle, vista verso la cima del Lastè

Qui incontro le prime persone della giornata, anche se non moltissime: qualcuno parte per il sentiero attrezzato Bepi Zac (sebbene sia ufficialmente chiuso per manutenzione), altri giungono dal versante di San Pellegrino, qualcun altro dalla val Monzoni. Ma non ci sono sicuramente grandi folle, nonostante siano già le 10.30. Non mi fermo a lungo, come d'abitudine, ma riparto con calma, in discesa, verso la val Monzoni.


Percorro rilassato i verdi pendii, tra le scure alture della catena dei Monzoni alla mia sinistra, e le chiare rocce dell'Ort e delle Pale di Carpela, da me appena attraversate, alla mia destra. Arrivo al piccolo e quasi asciutto laghetto. Mi fermo ad osservare qualche marmotta che spunta dalla tana e proseguo scendendo per la valle, che si fa più stretta.


I Monzoni e la punta Vallaccia. Sullo sfondo il Latemàr

L'Ort

Lago de le Selle


Continuo a scendere. Cominciano a spuntare i primi alberi. Un paio di guadi del torrente Monzoni, fresco e spumeggiante, mi costringono a bagnare un po' i piedi. In poco tempo, arrivo al caratteristico e antico rifugio Taramelli (2040 m), immerso in una folta vegetazione.


Gruppo del Catinaccio

Torrente Monzoni

Rif. Taramelli, sullo sfondo punta Vallaccia


Dal Taramelli, una breve passeggiata mi porta alla grande Malga Monzoni (1860 m), dove mi aspetta il resto della famiglia, salito direttamente qui dal parcheggio di Vidòr. Una bella sosta in cui mi rinfranco con una ciotola di yogurt ai frutti di bosco e poi ripartiamo, tutti assieme, per la sterrata che in un'oretta ci porta di nuovo in valle.



Commento finale


Questa è una gita interessante, che attraversa luoghi molto meno affollati rispetto alle destinazioni dolomitiche più note e alla moda. Si tratta di montagne forse meno spettacolari, ma più autentiche di tante altre che  purtroppo sono state snaturate da una certa idea di turismo consumistico. Non si attraversano quindi paesaggi eccezionali od unici, come in tante gite possibili in zona, ma si fa comunque conoscenza con un ambiente alpino autentico e, nel tratto in cui si attraversa il massiccio de l'Ort, molto intatto e selvaggio, dove l'incontro con i camosci non è affatto raro. Nulla di raro o stupefacente, ambienti tipici di centinaia di valli e massicci in tutto l'arco alpino, ma silenziosi e rudi come si conviene alla montagna vera. E comunque, il passaggio per la forcella dell'Ort, una strettoia tra alte pareti di roccia, risulta emozionante anche per l'escursionista più incallito. 




Dati dell'Escursione



Data: 11 Agosto 2020
Partenza: Pera di Fassa, 1350 m
Arrivo: Meida - parcheggio Vidòr, 1400 m
Punto più alto: Passo Le Selle, 2528 m
Rifugi:  Rif. Passo Le Selle, 2528 metri
Dislivello totale: 1250 metri in salita, 1200 metri in discesa 
Tempo impiegato5 h 20 min circa (incluse soste) - dal Pera (1350 m) a Vidòr (1400 m): 25 min; da Vidor alla forcella dal Pief (2182 m): 1 h 35 min; dal Pief alla forcella dal'Ort (2504 m):  1 h; dalla forcella da l'Ort al passo de Le Selle (2528 m): 30 min; dal passo de Le Selle alla malga Monzoni (1860 m): 1 h; da la Malga Monzoni a Vidòr (1400 m): 1 h 15 min  
Sviluppo del percorsocirca 20 Km
DifficoltàEEA  - le difficoltà della gita sono concentrate nel tratto tra la forcella dal Pief e i primi 15 minuti di discesa dalla forcella de l'Ort: si tratta di affrontare tracce di sentiero su ghiaioni spesso scoscesi ed un breve tratto di ferrata, che sarebbe più esatto indicare come "Sentiero attrezzato": non richiede infatti particolare attitudine all'arrampicata e non è particolarmente esposta. Tenere però in conto che un'eventuale caduta potrebbe comportare serie conseguenze e che quindi, specie per i meno esperti, l'uso di imbrago e set da ferrata per l'autoassicurazione potrebbero essere raccomandati.
Attrezzatura: Scarpe da montagna, caschetto (assolutamente!) ed eventualmente, per gli escursionisti meno esperti, imbragatura e set da ferrata.


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