A volte conviene lasciare il sentiero più comodo e battuto, per seguire la traccia nascosta...
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(Pian Pecei, Pera di Fassa, 16 agosto 2020) - Questa volta me la prendo comoda: mi risparmio 500 metri di dislivello e qualche chilometro, sfruttando le seggiovie del Catinaccio che, da Pera, conducono al Ciampedìe. Per evitare la fila, mi presento alla partenza alle otto, quindici minuti prima dell'apertura, munito di regolare mascherina. Compro il biglietto dopo aver sanificato le mani e in breve mi trovo seduto sulle comode e ampie poltrone, da poco rinnovate. Quante salite ho fatto su questa seggiovia, soprattutto in inverno! Mi tornano in mente certe mattine di fine dicembre, con poca neve al suolo ma 10 gradi sottozero... Bei ricordi di decenni fa. Ora mi godo il meraviglioso panorama, salendo senza fatica tra gli alberi abbattuti per fare posto alle piste da sci.
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Salendo con la seggiovia, dal bosco spunta lo Spiz delle Roe de Ciampiè |
Prendo le prime due tratte delle seggiovie, fino a Pian Pecei (1800 m): da qui mi incammino sul Sentiero delle Leggende, a quest'ora non ancora troppo frequentato. Il facile cammino nel profumato bosco di larici, abeti e cembri mi conduce in poche decine di minuti alla conca di Gardeccia (2000 m), una distesa di pascoli che ospita diversi rifugi e casette, circondata su tre lati dalle aspre montagne del Catinaccio.
Gardeccia, con il Catinaccio e le Torri del Vajolét |
Da qui imbocco una vera autostrada escursionistica, il sentiero che risale la Val de Vajolét fino al passo Principe. Questo è da almeno cento anni uno dei percorsi più frequentati delle Dolomiti e dell'intero arco alpino: la bellezza stupefacente del paesaggio circostante, unita alla facilità di accesso, ne ha fatto una meta turistica rinomatissima già alla fine dell'Ottocento. Più di cento anni fa, i sentieri di questa zona erano già ben battuti e segnalati, per soddisfare le esigenze dei visitatori forestieri che si avventuravano per queste zone selvagge, spinti da una romantica attrazione per il sublime e l'orrido, intesi come espressione di una natura selvaggia e ostile e per questo dal fascino grandioso. I turisti odierni hanno sicuramente un approccio più superficiale ed edonista, apprezzano molto lo scenario che li circonda, ma ancor più le comodità dei rifugi, che possono offrire loro piatti spesso ricercati e mille altre comodità. Molte cose sono quindi cambiate da allora, ma il potere di attrazione di questi luoghi sulle masse resta forte.
Purtroppo, bisogna dire che troppo affollamento comporta anche una riduzione di quel fascino naturale e primordiale che incarna la vera essenza della natura e della montagna. Per questo motivo, pur tornando sempre volentieri a queste mete meravigliose, oggi cerco un posto più appartato, ignorato dalle folle, dove ancora si possa avvertire quella rudezza e naturalezza dei monti, che ne costituisce l'incanto più profondo.
Mi incammino quindi per la larga strada sterrata che risale verso le Porte Neigre, il ripiano dove sorgono i rifugi Vajolét e Preuss (2243 m). Questo posto, oggi tanto frequentato, in tempi antichi era considerato dai fassani un confine da non superare: leggende e credenze popolari raccontavano infatti che creature demoniache e pericolose abitassero nelle ostili e selvagge montagne che si ergevano al di là di questo ripiano, per cui solo i più coraggiosi tra i pastori e i cacciatori della valle si avventuravano, non senza timore, nel regno incantato di guglie, rocce, nevai e ghiaioni.
Le Torri del Vajolét, ardite guglie di pietra |
Oggi draghi, demoni e spiriti maligni sono stati cacciati via dalla frequentazione sempre più assidua dell'uomo, per cui senza alcun timore proseguo il mio cammino per l'ampia mulattiera che risale verso la testata della valle del Vajolét, in direzione del freddo Passo Principe. Alla mia sinistra, sopra ripide ghiaie bianche, si ergono torrioni e denti di roccia, frastagliati e sgretolati dalle ere geologiche, che si stagliano nell'azzurro del cielo, interrotti qua e là da strette insellature e passi difficilmente accessibili; a destra, invece, il castello roccioso del Larséch, con i suoi ripidi pendii di roccia, sormontati da guglie aguzze, rimane ancora in ombra.
Passo del Vajolet e la Torre del Passo |
Cima del Vajolet dal sentiero per Passo Principe |
Fra queste accidentate cime rocciose che si innalzano alla mia sinistra si apre, ad un certo punto, un vallone erboso, che si inoltra tra la Cima del Vajolét (da non confondere con le omonime torri!) e le rocce delle Lammerköpfe (in italiano: Teste d'Agnello). Queste ultime sono delle cime rocciose, non molto evidenti ma arcigne, che si alzano sulla cresta di confine tra il versante fassano del Catinaccio e quello della val d'Ega. Qui, finalmente, lascerò l'ampio sentierone finora percorso, per inoltrarmi in posti più remoti.
Cima del Vajolet e Cime di Valbona |
Il vallone erboso da risalire |
Mi inoltro quindi tra i prati, costellati di stelle Alpine. Il fondo si fa ripido, non c'è traccia di sentieri, ma presto scorgo degli ometti di pietre a segnare la via. La mia prima meta è la Forcella Grande di Valbona, che si intuisce in fondo al vallone.
Salendo verso la Forcella Grande di Valbona, vista sulle Lammerköpfe/Teste d'Agnello |
Salendo alla Forcella Grande di Valbona, vista sull'Antermoia |
Ora gli ometti mi guidano verso un canalino detritico: attraverso le sue bianche ghiaie più di una volta, sempre senza sentiero, cercando i passaggi più comodi. Ad un certo punto trovo anche una traccia un po' più marcata, quasi un sentierino, ma svanisce poco dopo. Non importa: l'orientamento è semplice e gli ometti di pietra sono ancora numerosi, a segnare la via. Un'ultima ripidissima salita per prati e sassi mi porta quindi ad affacciarmi sulla Forcella Grande di Valbona (2650 m).
Vista sulla valle del Vajolét e cima delle Pope |
Dal giogo di Purgametsh, vista su Torri del Vajolét, cima Catinaccio e Croda di Laurìn |
Lungo il percorso per il giogo di Purgametsch, vista su Cima del Vajolét e Antermoia |
Il tratto finale per la cima della Prima Testa d'Agnello |
L'aguzza Croda del Ciamin |
Grande Valbona |
Dalla cima della Prima Testa d'Agnello |
Quando si raggiungono luoghi come questi, dove la natura mostra il suo aspetto più selvaggio e spettacolare, in completa solitudine, si provano emozioni particolari: si avverte che quello che ci troviamo di fronte è qualcosa di infinitamente più grande e potente di noi e ci appare chiaro che poca cosa siamo, noi esseri umani. Questa comprensione induce un sentimento misto di soddisfazione, euforia e leggera inquietudine.
La pausa in vetta dura poco, anche perché l'andirivieni di nuvole basse non cessa. Mi riporto sul canalino di roccette da scendere in facile, ma attenta, arrampicata, percorro a ritroso l'esile cresta e raggiungo di nuovo i pendii erbosi da attraversare in costa, verso la Forcella Grande di Valbona. Da qui, dopo un ultimo sguardo verso il vallone che sprofonda a nord-ovest, mi calo per la ripida costa erbosa, una discesa un po' spaccagambe, ma corta. Seguendo i tanti ometti di pietra, con animo leggero, mi riporto al sentierone, a quest'ora molto trafficato di ignari escursionisti, che unisce il Passo Principe a Gardeccia.
In discesa dalla Forcella Grande di Valbona, sullo sfondo l'Antermoia |
I prati che scendono dalla Forcella Grande di Valbona |
Dopo pochi minuti di discesa, adocchio dalla parte opposta della valle due mufloni che riposano accoccolati sui pendii che scendono dal Larséch: mi avvicino il più possibile, rimanendo pur sempre molto lontano, mi sdraio in terra per tenere la macchina fotografica ferma e gli scatto qualche foto.
Mufloni |
Sono due begli esemplari maschi dalle grandi corna ritorte! Bene: ora che ho visto anche un po' di fauna sono pienamente soddisfatto e posso continuare la discesa.
Il cielo si fa sempre più coperto, ma ormai non temo più l'inclemenza del tempo, sono a quote più basse e in zone meno impervie. Supero i rifugi Vajolét e Preuss, scendo a Gardeccia e continuo a piedi, verso Pera. Il tragitto è lungo, ma comodo e tutto in discesa. Mentre sotto i miei piedi scorrono chilometri di sentiero, davanti ai miei occhi il paesaggio muta lento, così come la vegetazione, per cui i bassi pini mughi cedono il passo ai cembri, poi ai larici, finché prevalgono gli abeti rossi.
I Dirupi di Larséch e i Cront |
Rio Soiàl |
Il Larséch da Soiàl |
Superate le case sparse di Soiàl, prima di entrare nel paesino di Monzon prendo un sentiero nel bosco che, tra alti abeti, mi riporta alle tranquille case di Pera Alta, dove soggiorno e dove l'escursione si conclude.
Commento finale
Tra le gite prive di sentiero e segnavia nel gruppo del Catinaccio, è senza dubbio una delle più semplici. Dal Giogo di Purgametsch e dalla cima della Testa d'Agnello, si gode un panorama bellissimo e particolare, ma soprattutto si visitano luoghi ancora molto naturali e pochissimo frequentati. Se si cercano tranquillità e montagna vera, anche in pieno agosto, questa è una meta da non mancare!
Video panoramici
Forcella Grande di Valbona (2650 m)
Giogo di Purgametsch (2630 m)
Vetta Prima Testa d'Agnello - Lammerköpfe (2678 m)
Punto più alto: Prima Testa d'Agnello - Lammerköpfe, 2678 m
Attrezzatura: Scarpe da montagna.
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