La classica escursione lungo la ferrata Franco Gadotti: panorami aerei e ambienti selvaggi!
Il gruppo dei Monzoni-Vallaccia è in realtà un sottogruppo facente parte del più vasto e noto massiccio della Marmolada. Si estende ad est della media e bassa val di Fassa, dominando i paesi di Pera, Pozza, Vigo, Soraga e Moena, con i suoi vasti e scuri boschi, sormontati da vette di chiara roccia calcaree, che si tingono di meravigliose tinte rosate nei più bei tramonti.
E' situato nel cuore delle Dolomiti, e chiaramente di esse fa parte, ma da un punto di vista geologico e morfologico se ne distacca: la roccia è infatti calcare più che dolomia, con ampi settori di natura vulcanica, il che ne ha fatto in passato un paradiso per i geologi di tutto il mondo. Forse, per la sua natura un po' meno spettacolare rispetto ai rinomati e fantasmagorici Catinaccio, Sella e Sassolungo che lo contornano, gode di una frequentazione relativamente limitata, concentrata soprattutto in poche valli facilmente accessibili. Gran parte del gruppo rimane solitaria e selvaggia, anche se percorsa da itinerari perfettamente segnati o da ferrate, come la Gadotti, che adesso vi racconterò...
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Cima Undici/Sas da le Undesc |
(Val San Nicolò, 24 agosto 2021) - L'escursione che voglio realizzare oggi parte all'inizio della val San Nicolò, una valle laterale della val di Fassa. Nonostante sia distante più di tre chilometri da Pera, dove alloggio, decido di partire presto e raggiungere a piedi l'inizio del sentiero.
Attraverso quindi le case di Pera, Pozza e Meida nel fresco del mattino, dirigendomi a buon passo verso i boschi della Val San Nicolò. Giungo in poco più di mezz'ora all'imbocco del sentiero, nei pressi del camping Vidor, dove quindi lascio la strada per incamminarmi nella foresta di abeti. Come sempre quando parto presto, non c'è nessun altro. Mi godo quindi la quiete del bosco e le vedute sul gruppo del Catinaccio che si innalza dalla parte opposta della valle.
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Salendo nel bosco, vista sul gruppo del Catinaccio |
Lungo il percorso raggiungo una coppia di scalatori che si è fermata un attimo per sistemare lo zaino: poco oltre loro supereranno me, quando mi fermerò a riporre a mia volta nel sacco il pile che comincia ad accaldarmi.
Il sentiero, dopo un primo tratto in cui ha assecondato il pendio orizzontalmente, prende a salire in maniera piuttosto ripida, snodandosi sempre tra alti abeti rossi. Ad un tratto si inoltra nella profonda fenditura della Vallaccia, una valle piuttosto impervia che caratterizza e dà il nome a tutto il sottogruppo di montagne in questione. L'ambiente si fa sempre più selvatico fino ad arrivare sotto un gradino roccioso che si estende ai piedi delle alte vette. Da qui si intravedono varie cime di chiaro calcare che torreggiano sullo scuro bosco ai loro piedi.
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La Vallaccia |
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Vista su Larséc e Crepe di Lausa |
Supero una ripida rampa di rocce attrezzata con corda fissa e pioli, sicuramente molto utili in caso di pioggia o ghiaccio, e dopo alcuni minuti di ulteriore cammino giungo ai piedi dell'anfiteatro di cime dove è situato il rosso bivacco Zeni (2100 m)
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Bivacco Zeni |
Qui incontro nuovamente i due arrampicatori, che si preparano per la difficile via Saturno, sulla parete ovest del Sas da le Undesc. Io mi riposo un attimo, indosso casco, imbracatura e moschettoni e mi incammino verso l'attacco della ferrata Gadotti.
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Inizio della ferrata Gadotti |
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Vista verso il Buffaure e il Sassolungo |
Questo itinerario non è tecnicamente difficile: per gran parte del suo sviluppo è un sentiero attrezzato piuttosto che una vera e propria via ferrata. Mi incammino per i primi metri della via, costituiti da una facile ma molto esposta cengia rocciosa, che attraversa una scoscesa parete. Dopo pochi minuti, in corrispondenza di alcune rientranze, la cengia sparisce e per proseguire il traverso, molto esposto, sono stati messi dei pioli che azzerano ogni difficoltà tecnica, fermo restando che il passaggio rimane un po' impressionante. Comunque lo supero senza grossi problemi, così come alcuni passaggi successivi in discesa che portano su un ripidissimo pendio di erba e rocce.
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Lungo l'esposta ma facile cengia |
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Passaggio attrezzato con pioli |
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L'ambiente della ferrata |
La salita lungo questo ripidissimo pendio, che in alcuni punti si infossa a canalone, è facile ed è in molti punti attrezzata con cavo d'acciaio. Questo la rende più sicura dato che, pur essendo su terreno che non richiede alcuna arrampicata, è molto esposta ed un'eventuale caduta non assicurata sarebbe molto pericolosa. Proseguo quindi a salire su questi magri pendii d'erba, costellati di stelle alpine e radi larici, fino ad arrivare ad un canalino che, un po' camminando e un po' arrampicando, mi porta ad una spalla che affaccia su una specie di conca aperta: sotto di me, su un pendio soleggiato, un branco di camosci pascola tranquillo. In un istante, appena avvertono la mia presenza, fuggono a gran velocità in discesa e in poche decine di secondi non li vedo più.
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Branco di camosci in fuga |
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Stella alpina |
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Il ripido pendio erboso |
Dopo aver ammirato e fotografato i camosci, proseguo il mio cammino, che ora segue un sentierino che attraversa delle ghiaie sotto a pareti rocciose, per poi salire ad una selletta erbosa (forcella del Sas da le Doudesc): a sinistra la ferrata prosegue verso il Sas Aut, mentre a destra una traccia segue una dorsale che culmina nella Cima Dodici o Sas da le Doudesc: mi porto a destra, verso questa cima, che raggiungo in pochi minuti (2446 m).
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Il sentiero verso la forcella tra Sas Aut e Cima Dodici |
Dalla vetta della Cima Dodici si gode di un panorama E C C E Z I O N A L E! Si domina mezza valle di Fassa, con le case di tutti i paesi che si distinguono perfettamente, mentre più lontano si godono viste eccezionali sui vari gruppi montuosi fassani: Latemar, Catinaccio, Sassolungo, Sella, Marmolada.
Sosto un bel po' a gustarmi questo spettacolo meraviglioso.
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Meida, Pozza e Pera di Fassa |
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Panorama su Vigo di Fassa con Latemar e Catinaccio |
Dopo essermi ristorato, torno sui miei passi e raggiungo di nuovo la selletta: da qui mi incammino, seguendo le indicazioni, verso il Sas Aut. Dopo pochi minuti iniziano nuovamente i tratti attrezzati, anche qui piuttosto semplici, che assicurano una serie di cenge e un canalino, tramite i quali si supera abbastanza facilmente il versante roccioso della cima, per arrivare al vasto pratone sommitale che la contraddistingue. Una traccia tra l'erba conduce fino alla vetta, da cui un altro panorama vastissimo si offre alla mia vista (2551 m).
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Il Sas Aut visto dalla forcella di Cima Dodici |
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Salendo al Sas aut, vista su Cima Dodici/Sas da le Undesc |
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I prati sommitali del Sas Aut |
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Panorama Sas Aut |
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Moena vista dal Sas Aut |
Riprendo il percorso: ora scenderò dal Sas Aut per salire sulla vetta più alta, Punta Vallaccia. La discesa dal Sas Aut è anche il tratto più difficile della ferrata Gadotti e dell'escursione di oggi: sempre seguendo i cavi d'acciaio, discendo infatti per un tetro canale, di roccia marcia e colmo di sfasciumi, tenendomi alto sulla sinistra. L'ambiente è tetro e un po' repulsivo e le difficoltà sono sempre contenute, ma molto più continue che nel resto della ferrata, con alcuni passaggi molto ripidi e da affrontare in discesa che non sono proprio banali. Il percorso mi impegna abbastanza e provo quindi una certa soddisfazione quando, dopo avere disarrampicato uno strapiombante camino attrezzato con pioli di acciaio, arrivo al termine della ferrata.
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Il termine della ferrata Gadotti |
La ferrata è finita, ma l'escursione è ancora lunga ed in ambiente molto selvaggio: scendo per un canalino colmo di sfasciumi, per poi attraversare in uno scenario suggestivo, tra prati e rocce. Ancora diversi saliscendi mi portano ad un'ultima ripida rampa da risalire, in una valletta sospesa con vista verso Moena, fino alla forcella de Baranchies (2550 m). Poco prima di uscire al passo, nei ripidi declivi sottostanti, un altro branco di camosci si sposta rapido, tenendomi d'occhio.
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Salendo alla forcella de Baranchies |
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Salendo alla forcella de Baranchies |
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Branco di camosci |
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Camoscio |
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Il sentiero per forcella de Baranchies |
Dopo questa ripida salita su ghiaie, allietata dalla vista dei camosci, giungo alla forcella, da dove il panorama si apre su un versante più erboso e dolce rispetto a quello appena percorso. Una marmotta fischia forte e percorre i prati dinnanzi a me, io mi incammino verso la Punta Vallaccia, che è qui a portata di mano, ma richiede ancora un po' di fatica prima di essere raggiunta.
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Marmotta a forcella Baranchies |
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Panorama su Moena e il Latemar |
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Il gruppo del Catinaccio |
Il cielo si sta coprendo con pesanti nuvoloni, per fortuna sono ancora alti e non mi precludono la visuale. Con un ultimo sforzo, raggiungo la vetta di Punta Vallaccia (2637 m), dove un'opportuna asse di legno posata tra due sassi mi fa da ottimo sedile.
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Da Punta Vallaccia, panorama sulla Marmolada |
Bevo, mangio qualcosa, mi godo l'ennesimo panorama a trecentosessanta gradi di questa giornata. Il tempo purtroppo si fa un po' minaccioso: meglio non indugiare. Riprendo il mio cammino in direzione del passo della Costella. Delle comode e soffici ghiaie mi conducono in pochi minuti al passo, e da qui un bel sentiero, dopo aver costeggiato, ripido, una strapiombante parete rocciosa, scende tra splendidi pascoli verso il rifugio Vallaccia.
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La valle di Gardeccia e la Marmolada |
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La cresta dei Monzoni |
Attraversando questi splendidi prati alpini comincio ad incontrare altri escursionisti: sono i primi da questa mattina, fatta eccezione per i due scalatori al bivacco Zeni. Non si tratta comunque di una folla, come in questo periodo è, purtroppo, facile trovare in altri vicini gruppi dolomitici, ma di piccoli gruppi ben distanziati, poche decine di persone in tutto. Arrivo quindi al bel rifugio Vallaccia (2275 m), che supero senza fermarmi.
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Rifugio Vallaccia |
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Rifugio Vallaccia con il passo della Costella |
Proseguo per i pascoli punteggiati di baite, entro nel bosco prima di cembri e larici, poi anche di abeti. Giungo alla malga Monzoni e continuo a scendere. Passo davanti al rumoroso cantiere alla baita Monzoni (chissà cosa costruiranno? Sembra qualcosa di grosso...) e proseguo per la carrozzabile sempre più giù, tra le ferite al bosco della tempesta Vaia, fino alla Malga Crocifisso e infine al ristorante Soldanella. Qui mio padre, impietosito, mi è venuto a raccattare in auto, per risparmiarmi gli ultimi 3/4 Km di cammino su asfalto fino a casa...
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Val Monzoni, devastazioni della tempesta Vaia |
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Malga al Crocifisso |
Commento finale
Questa escursione è classica, ma al tempo stesso pochissimo frequentata: sarà perché è piuttosto faticosa, sarà perché si cammina a lungo senza punti d'appoggio (a parte il bivacco Zeni, che è solo un riparo di lamiera), sarà perché la ferrata non è spettacolare e non supera pareti lisce e strapiombanti, sarà probabilmente per tutte queste ragioni assieme. A mio parere, però, è da fare assolutamente se si amano la montagna, la natura, i silenzi. Ovviamente bisogna essere ben allenati e abbastanza esperti perché, pur essendo una ferrata semplice (è più che altro un sentiero attrezzato) è pur sempre un itinerario ripido e in molti punti esposto. Inoltre, una volta iniziata, c'è solo una via di fuga per terminare brevemente l'escursione (forcella del Sas da le Doudesc), ma non è banale e richiede comunque ore di cammino per arrivare a valle. Se quindi vi piace la montagna vera, poco turistica, forte e solitaria, percorrete questa escursione: non ve ne pentirete!
Dati dell'Escursione
Data: 24 Agosto 2021
Partenza: Pera di Fassa, 1325 m
Arrivo: Ristorante La Soldanella 1415 m
Punto più alto: Punta Vallaccia, 2637 m circa
Dislivello totale: 1540 metri in salita e 1460 in discesa
Tempo impiegato: 7 h 30 min circa (incluse soste) - da Pera (1320 m) a ristorante Soldanella (1415 m): 35 min; da rist. Soldanella al biv. Zeni (2100 m): 1 h 15 min; dal biv. Zeni alla Cima Dodici/Sas da le Doudesc (2446 m): 1 h 30 min; dalla cima Dodici al Sas Aut (2551 m): 50 min; dal Sas Aut alla Punta Vallaccia (2637 m): 1 h 30 min: dalla Punta Vallaccia alla Soldanella: 2 h
Sviluppo del percorso: circa 21 Km
Difficoltà:
EEA - La ferrata Gadotti va classificata come ferrata medio/facile (
K2 nella scala Hüsler) in quanto le difficoltà propriamente "
arrampicatorie" sono piuttosto basse, ma è sicuramente
impegnativa per la lunghezza e la fatica che richiede. In alcuni punti è abbastanza aerea e presenta qualche tratto in cui è necessario piede sicuro in quanto esposto e non attrezzato.
Attrezzatura: Scarpe da montagna, casco e kit da ferrata.
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