Seconda puntata della leggenda di Zlatorog (clicca qui per la prima puntata)
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Da Katra oggi è grande festa: la locanda è stipata di avventori, signori e contadini. Si cucinano delizie di ogni tipo: la fama della signora Katra si estende per chilometri, fino a Tarvisio, Tolmino e Caporetto. Non c'è posto dove si cuociano arrosti più succulenti e si preparino zuppe più prelibate, e non c'è cantina in tutta la Carniola e nel vicino Friuli così colma di vini pregiati, come nella Locanda al ponte sull'Isonzo, dalla signora Katra.
Katra corre veloce tra i tavoli, sempre indaffarata. E' una signora dal bel viso luminoso e tondo come una mela. Non si ferma un attimo e non è mai stanca! Ma per quanto ancora agile e svelta, non può esserlo quanto sua figlia, la bionda e delicata Jerica. Confrontata alle altre donne della casa, Jerica è come il sole di fronte alla luna, come un bel fiore colorato di fronte a una foglia secca. Ogni volta che esce dalla cucina, tutti si voltano ad ammirarla e quelli cui riempe il piatto mangiano tutto anche se già sazi e, anche se non hanno più sete, svuotano fino in fondo la coppa, quelli cui lei versa il vino. Anche il più rozzo dei contadini usa modi da gentiluomo quando si rivolge a Jerica e la sua bellezza e grazia risplendono, e sono l'orgoglio e la gioia di sua madre Katra.
Il pranzo volge al termine e Katra porta un'altra caraffa di prosecco. I calici si riempiono e si alzano: da più parti si brinda alla bellezza e alla grazia della giovane Jerica: che la giovane figlia della Locandiera abbia una vita felice! La bella Jerica osserva i presenti, uno ad uno, con sguardo timido e innocente.
Dalla porta della locanda, entra nella sala da pranzo la vecchia Barbara, facendosi largo tra gli ospiti e conducendo con sé un giovane snello, vestito da cacciatore e, dietro di loro, i pastori della Komna. Uno porta con sé un camoscio, che posa delicatamente sul pavimento; un secondo ha sulle spalle un grosso felino, dalla pelliccia maculata e le orecchie adornate da neri ciuffi di pelo, la coda tozza e bianca. Gli ospiti, incuriositi, cercano di vedere meglio il Cacciatore, ma lui si è fermato di fronte a Jerica, muto come una statua di marmo. La ragazza abbassa subito lo sguardo, arrossendo: i due provano un senso di gioia e di spavento allo stesso tempo; è l'Amore che li sta spingendo uno verso l'altra.
E' il vecchio pastore Jaka a rompere il silenzio, dato che il Cacciatore ha perso le parole: riassume quindi la storia del ragazzo, raccontando tutto con aria solenne e dandosi un'aria importante.
Katra ascolta le imprese di caccia ed annuisce, guarda con benevolenza il giovane Cacciatore:
- “Grazie per questi doni, figliolo! Seguimi, meriti una ricompensa”
Lo conduce in un'altra stanza dove apre una cassetta di metallo: all'interno talleri d'argento. Tutti intorno rimangono a bocca aperta mentre Katra si guarda attorno compiaciuta come una principessa.
- “Prendi tutto quello che puoi afferrare in una mano!”, dice al Cacciatore che, sorridente, afferra con la destra quante più monete può. La cassetta viene richiusa e la chiave appesa ad un gancio di ferro alla parete.
Gli ospiti, stupiti, mormorano sottovoce, mentre il volto di Katra da rosa diviene bianco quando si accorge che quel forte ragazzo sta guardando con occhi luminosi la sua “bambina”, come se davanti avesse un tesoro.
Il Cacciatore si volta verso gli altri ospiti e ad alta voce esclama:
- “Quando ho un tesoro non me lo lascio portare via facilmente, ma sarei disposto a lasciare queste monete, il camoscio e la lince se mi concederai un ballo con la tua bionda figliola, signora Katra!”
La padrona di casa, molto a disagio, con voce incrinata dall'emozione risponde:
- “E sia: ti concedo un ballo con mia figlia. Jerica, piccola mia, ora mostrati obbediente”
Jerica, raggiante, porge la destra al Cacciatore e non oppone alcuna resistenza mentre si fa condurre fuori dalla stanza, nel salone. Katra richiude a chiave la stanza dello scrigno, le mani tremanti e le membra infiacchite per l'emozione.
Intanto suonano violini e flauti e nell'ampio salone vorticano, come foglie portate dal vento, il Cacciatore della val Trenta e la figlia della Locandiera. Gli occhi di lui brillano, il cuore di lei corre! Ma fai attenzione, Cacciatore...
Il Cacciatore sussurra nell'orecchio della ragazza e le guance pallide di lei arrossiscono, il primo ballo finisce in un momento! Ma fai attenzione, Cacciatore...
Mentre i violini si affievoliscono dolcemente, sussurra ancora:
- “Il primo ballo è stato per concessione di tua mamma, ma il secondo, il terzo, il quarto – tutta la notte! - ballerò con te!”
E ancora una volta le forti braccia del ragazzo cingono i fianchi della ragazza, lui sente il suo respiro, caldo e vivo, vede il suo viso incorniciato di biondi capelli, il fuoco nei due cuori è ormai acceso! Ma fai attenzione, fai attenzione Cacciatore!
Chi è che sta guardando la coppia con invidia ed astio? E' la pastora della Komna, la bruna Špela, che si morde a sangue le labbra, mentre gli occhi scuri le scintillano come lampi nella notte! Attento! Attento! Attento Cacciatore!
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Oggi il Cacciatore sale sulle montagne e guarda giù, nella valle. Vede il fiume, il selvaggio Isonzo, il serpente di smeraldo. Guarda le case e le chiesette che, bianche e lontane, sembrano fiori pallidi in un prato verde. Sopra la sua testa c'è solo il cielo blu e gli uccelli rapaci.
- “Oggi non sono salito quassù per cacciare! Non temete, camosci e caprioli, oggi non scorrerà sangue! Oggi devo gridare la mia gioia al mondo, o il cuore mi scoppierà! Joooooiiiiiiiiii! Joooooooooiiiiiiiiii!”
Il richiamo del Cacciatore si spande per le valli, risuona di cima in cima, e le pareti di roccia gli restituiscono l'eco della sua felicità e della sua fortuna.
Questo è quel che sentono anche gli spiriti della montagna; il vecchio e scherzoso Čatež, stiracchia le zampe di capra, si liscia la barbetta appuntita e si ferma ad ascoltare su un poggio assolato; sorride bonariamente:
- “Sentite come grida questo ragazzo! Cervi e camosci: oggi non avete nulla da temere; quando i cacciatori sono così felici, non correte alcun rischio! Questo ragazzo bruno grida così forte che i casi sono due: o ha bevuto troppo, oppure... è innamorato!”
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E' domenica mattina e le campane rintoccano, nel paese ingentilito dai garofani in fiore. Tutte le case sono abbellite da mazzi di fiori colorati, raccolti negli orti e nei giardini. Solo nel giardino di Jerica i garofani non vengono raccolti da settimane: non ne ha bisogno; i suoi capelli, infatti, sono adornati da un nobile e bianco fiore che sboccia molto più in alto, un fiore che nasce là, dove la roccia bacia il cielo. Jerica, davanti allo specchio, intreccia tra i biondi capelli le stelle alpine. Sorride, mentre guarda riflesso nello specchio il bel viso e pensa:
- “Quale altra ragazza può abbellire i capelli con un tale ornamento? In quale paese o regione esiste un uomo pari al mio Cacciatore? Chi, in tutta la valle, può vantarsi di baciare una fidanzata bella come me? Dove, dai monti al mare, esiste una coppia più felice di noi due?”
Mentre si specchia e tutti questi pensieri le passano per la mente, si accorge del dolce suono delle campane della chiesa. Mortificata dalla sua stessa vanità, la ragazza si allontana timorosa dallo specchio e si volge all'immagine della Madonna, appesa sopra il letto. La bella Jerica si inginocchia davanti al quadro della Vergine Maria e si toglie dai capelli la corona di stelle alpine:
- “Questa fioritura d'argento io consacro a Te, Madre di Dio immacolata. Dal Cielo, dove splendono le stelle, veglia su noi due, o Santa Vergine, e proteggi il cammino del mio amato, E perdonami, Regina del Mondo, per la mia folle felicità!”
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Nel fitto del bosco, sulla riva del ruscello, Špela la bruna è seduta su un masso, sola, la testa tra le mani, mentre mille pensieri la tormentano:
- “Sei nato per farmi soffire, prode Trentano dagli occhi blu? Non ti riconosco più: un tempo eri come la fiera aquila che vola alta, tra le rocce selvagge, mentre ora somigli ad una mite colomba che tuba e canta. Una volta eri il re delle montagne, e ora? Che è successo? Sono forse spariti i monti che amavi scalare senza paura?
Lei preferisce gemme e ricchezze ai fiori di montagna! Riderei di te, se il mio cuore non sanguinasse ferito... La desideri con tutta l'anima e a me neanche mi guardi. Certo: lei è la padrona e io solo una serva... Povera Špela! Dio abbia misericordia di me!”
La rabbia sale dal cuore alla bocca della ragazza, che con voce alterata pronuncia una folle invocazione:
- “Spiriti della Notte! Portatemi al tesoro, prendetemi l'anima e portatemi alla magica caverna nel monte Bogatin! Voglio essere ricca! Voglio costruirmi un castello, diventare una nobildonna con diademi di diamanti tra i capelli! Sarò ricca e potente e principi e baroni accorreranno da tutti gli angoli dell'Impero per chiedere la mia mano!
Ma io aspetterò te, e prima o poi verrai. Busserai alla mia porta, ma io ti respingerò. Quando il tuo Amore ti tradirà, ti ricorderai della ragazza mora, di Špela, e verrai da me. Proverai vergogna quel giorno e nella mia ricca casa mi godrò la tua umiliazione, e assaporerò le tue lacrime amare!”
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- “Dimmi gospa Katra, cos'è successo? Vai in giro per la casa con gli occhi arrossati di pianto, accigliata e senza rivolgere parola a nessuno, neanche a tua figlia. Ti è forse scappata la vacca? Ti è morto un cugino o stanotte, nella cantina, la botte si è rotta?”
Così domanda la vecchia Barbara, notando l'aria sconvolta della sua padrona.
- “No, Barbara, fortunatamente non è morto nessun cugino, la vacca è ancora nella stalla e il vino non si è sparso per la cantina. Ma qualcos'altro mi appesantisce il cuore: stanotte ero sveglia, nel mio letto, pensando al raccolto che verrà quest'anno, e a mille altre cose, quando ad un certo punto sento un fischio venire da fuori: mi affaccio appena e vedo, sotto la finestra di mia figlia, un uomo in piedi nell'orto. Cerco in tutta fretta di accendere il lume ma, dopo pochi secondi, mi riaffaccio e l'uomo non c'è più. Vado nella camera di mia figlia, ma la ragazza dorme. Ho quindi pensato di essermi sognata tutto. Ma stamattina, nell'orto sotto la finestra, ho trovato la verdura calpestata e una piuma di gallo forcello. Sono una donna rispettabile, non tollero questi sotterfugi in casa mia! E questo Cacciatore non deve importunare mia figlia e calpestare le mie verdure!”
Così risponde, brusca, la padrona e la vecchia Barbara replica, annuendo:
- “Sapevo che sarebbe tornato... Ma anche se sembra un po' matto, è un bravo ragazzo. Capisco che ti faccia arrabbiare che venga di notte, ma i giovani sono così. Dimmi, mamma Katra, vent'anni fa non facevi le stesse cose anche tu, con il tuo povero marito? Non bussava anche lui, la notte, alla tua finestra? Non ricordi più?”
Addolcita dalle sagge parole, e dai ricordi, Katra risponde:
- “Certo che mi ricordo, non è passato poi così tanto tempo da quando anche io ero giovane... Ma se solo il ragazzo fosse un altro! Questo Cacciatore della val Trenta non possiede nulla, abita in una vecchia capanna malridotta... Deve diventare mio genero? No, no, e tre volte no!”
Ascoltate quelle parole, Barbara solleva il dito e comincia a parlare, quasi sussurrando, con tono misterioso:
- “Padrona Katra, non parlare male del giovane Cacciatore, non disprezzare quel bravo ragazzo! Se sapessi quello che io so, parleresti diversamente e non gli chiuderesti la porta in faccia.”
Incuriosita da quella risposta, Katra avvicina la sua sedia a quella della vecchia:
- “Dimmi, Barbara, cosa sai del Cacciatore? Conosce forse dove è nascosto il tesoro della montagna? Oppure il folletto Škrat gli ha promesso di donargli l'oro? E' abile nella forgia come il fabbro di Tolmino? O possiede radici di mandragola?”
- “Niente di tutto questo” - risponde la vecchia - “ma ci sono esseri molto potenti che lo proteggono e ne hanno cura, che lo tengono stretto e avvolto tra le loro braccia, come fanno le madri per proteggere i figli. Sono passati più di ventiquattro anni da quando Peter, il padre del Cacciatore, morì nella foresta. Stava tagliando un abete e l'albero, cadendo, gli fracassò la testa. Dopo quella tragedia Željka, la vedova, era disperata e passava il suo tempo inginocchiata davanti al crocefisso, notte e giorno: una scena doppiamente dolorosa, poiché la disgraziata oltre ad essere poverissima, aspettava anche un bambino. Una sera, mentre contemplavo dalla finestra il cielo stellato, mi accorsi di una stella più brillante delle altre, una nuova stella mai vista prima. Come tutti sanno, quello è il segno che una nuova vita è venuta al mondo e mi venne subito in mente Željka e il suo bambino che doveva nascere! Uscii quindi di corsa, diretta verso la casa della giovane vedova, e, quando fui giunta alla sua dimora, dalle finestre, vidi una scena che non dimenticherò mai e che ancora oggi mi fa tremare le ginocchia: tre donne vestite di bianco, circondate da una luce magica, tenevano tra le braccia un bambino appena nato. Mi inginocchiai immediatamente e restai molto tempo a pregare. Quando finalmente ebbi il coraggio di rialzarmi e guardare ancora nella stanza, vidi solo la fioca luce della lampada. Entrai, allora, e trovai Željka serenamente addormentata e, vicino a lei, il neonato, teneramente avvolto in una coperta di morbido lino bianco. Per questo posso dirti con certezza che la bellissima figlia della signora Katra ama ed è amata da un ragazzo speciale. Sin dalla culla e finché non si macchierà di colpe, le Rojenice lo proteggeranno e avrà, dalle Bianche Signore, ogni benedizione e felicità. Al posto tuo, mamma Katra, non ci penserei due volte ad accogliere presso la tua casa la benevolenza e la protezione delle buone Dame Bianche.”
Così ha parlato la vecchia, saggia Barbara e Katra ha ascoltato tutto, in silenzio. E silenziosamente si alza e si dirige verso la camera da letto: la notte, infatti, porta consiglio.
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Passa la notte e un nuovo giorno è nato; il Cacciatore si presenta alla locanda e Katra gli si fa subito incontro: tira fuori da una tasca la piuma di gallo forcello trovata nell'orto e, con tono serio, gli fa:
- “Conosci questa piuma, Cacciatore?”
Il ragazzo, sentendosi scoperto, abbassa lo sguardo e non risponde, ma subito Katra, sorridendo aggiunge:
- “Rimetti la piuma sul cappello e non schiacciarmi più la verdura dell'orto! Ora seguimi nel retro, devo parlarti”
Cosa si dicono, nessuno lo sente, ma il Cacciatore ora ha gli occhi scintillanti e le guance rosse! E la figlia della Locandiera, la bionda Jerica, canta felice come un'allodola in un campo di grano! D'ora in poi, nella Locanda in riva al fiume, il Cacciatore verrà trattato come una persona di casa, suscitando l'invidia dei ricchi figli dei fattori della valle dell'Isonzo, e di molti gentiluomini di città. Non è che un misero cacciatore di camosci, ma un giorno sarà il genero della signora Katarina.
Passano i giorni, le giornate si fanno sempre più corte e presto arriva la luna in cui cadono le foglie. E subito dopo, ecco il freddo inverno, vestito da colomba ma con denti di lupo... Ma nei cuori del Cacciatore e della bionda Jerica regna sempre la primavera, il verde e la luce risplendono come nel magico giardino delle Bianche Signore.
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L'elleboro è già fiorito e il gelo, lentamente, sta lasciando la vallata: solo sulle cime la neve resiste ancora, sebbene già intaccata dai caldi venti meridionali. Nei giorni in cui il foehn soffia, poi, la primavera sembra esplodere per le campagne. I cieli cominciano ad essere attraversati da stormi di uccelli, cigni ed anatre colorate, che dal tiepido mare del golfo di Trieste, in formazione triangolare, tornano alle paludi del nord, ai nidi lasciati l'autunno passato.
Ma la primavera porta anche altri viaggiatori, umani, a risalire la valle dell'Isonzo: ciarlatani, guaritori, pittori, giocolieri e girovaghi percorrono le strade che attraversano le scure foreste. Da Caporetto, diretti verso Tarvisio, si fermano alla Locanda di Katra per spegnere la loro sete. E così, giorno e notte, c'è gran baccano e divertimento!
Passano per la Locanda anche i giovani studenti, lo spadino appuntito pendente sul fianco, la lunga piuma di struzzo sul cappello: han passato l'inverno a studiare, a Padova o a Bologna, e ora tornano, dotti e istruiti, medici e avvocati, alle loro case, su al nord. Anche le loro giovani gole, sempre assetate, trovano ristoro alla Locanda al ponte!
Con tutti questi forestieri, la padrona di casa è quindi sempre indaffarata: da mattina a sera, corre di qua e di là, e da donna intelligente ed esperta nel suo mestiere, ha sempre la parola giusta per ciascuno e sa sempre quale tipo di vino servire ai suoi ospiti. Ma quando giungono i mercanti veneziani, i ricchi signori dai cavalli bardati, a Katra servirebbero cento mani, perché i loro palati viziati e raffinati si accontentano solo dei vini più rari e delle pietanze più prelibate ed è sempre difficile servire questi fieri signori, che abitano in palazzi costruiti sull'acqua.
Il vecchio Jaka è felice quando i Veneziani arrivano in valle: ama ascoltare i loro arguti racconti ed è contento quando lasciano, come ogni anno, i loro palazzi di marmo per inoltrarsi tra le selvatiche montagne. Rivolgendosi alle donne e ai servi che, ancora a tarda sera, stanno lavando le stoviglie, dice, mentre intaglia col coltello un bastone:
- “Sapete perché i Veneziani vagano tutta l'estate, di paese in paese, di valle in valle, come una compagnia di girovaghi? Oh! Lo so: portano con loro bauli pieni di perle colorate, specchi, spezie e rotoli di seta che venderanno... ma perché rimangono proprio quassù, fino all'autunno inoltrato? Perché, secondo voi, si aggirano tra i precipizi e vagano tra i monti selvaggi, portando quei martelli appesi alla cintura? Perché risalgono lungo i torrenti e i ruscelli, come fanno le lontre, le abili pescatrici? Sapete perché? Ve lo dico io: cercano l'oro! E lo trovano! Sulle nostre montagne c'è oro in abbondanza, ma nessuno è abile nel trovarlo come questi astuti Veneziani. Scavano il terreno, setacciano le sabbie, spaccano le rocce e portano a casa il giallo metallo! Mio padre da giovane passava l'intera estate nella valle dei Sette Laghi, e mi raccontava spesso una storia: come sapete, Zlatorog, il protetto delle Bianche Signore, può aprire con le sue corna d'oro la porta della caverna del monte Bogatin, dove è nascosto il tesoro. Un giorno un Veneziano vide Zlatorog azzuffarsi con un grosso maschio di stambecco. I due si diedero grandi cornate, ma alla fine fu Zlatorog ad avere la meglio e a mettere in fuga il rivale. Quando il bianco camoscio se ne tornò nel bosco, il Veneziano si accorse che, sul terreno dove si era svolta la zuffa, era rimasta una piccola scheggia d'oro, staccatasi dalle corna di Zlatorog. L'uomo la raccolse e cominciò a cercare, come un rabdomante, la porticina della grotta sul Bogatin... Riuscì a trovarla e, grazie al frammento del corno di Zlatorog, la aprì: riempì molti sacchi di oro e li riportò con sé, in Italia”.
Così parla il vecchio, e le donne lo ascoltano ammutolite, a bocca aperta! A rompere il silenzio è Špela, la bruna, che si rivolge a Jerica, ridendo, con tono di scherno:
- “Ma come mai il tuo Cacciatore non ha ancora trovato nessun pezzetto del corno di Zlatorog?”
Come se non avesse sentito il veleno di quelle parole, la bionda fidanzata risponde:
- “Lui conosce bene il camoscio bianco e il giardino fatato delle Rojenice. Sorridi Špela? Non ci credi? Guarda questi fiori: sono fiori di montagna, freschi e profumati come in piena estate! In quale altro posto può averli raccolti, se non nel magico giardino delle Bianche Signore?”
Sorride, la bruna Špela:
- “Jerica, credi ancora alle favole? I cacciatori sono bravissimi a raccontare le bugie... stelle alpine sbocciate in aprile? Fidati: il magico giardino dal quale tu credi che provengano i tuoi fiori, non è altro che un piccolo vaso nascosto nella camera del tuo fidanzato...”
Jerica, con voce alterata, ribatte stizzita:
- “Sei solo invidiosa! E' come ti ho detto! Il Cacciatore della val Trenta è l'unico ragazzo che osa entrare nel giardino delle Rojenice. Le tre sorelle velate di bianco vennero presso la sua culla, quando nacque, e lo proteggono dalla sfortuna e dal pericolo. Lui può cacciare tra le loro montagne, senza essere punito, il cervo, il camoscio e il gallo cedrone. I fiori che porto tra i capelli li coglie nel loro giardino magico. E' così Špela, non osare metterlo in dubbio!”
La bruna Špela, chinando il capo, ribatte:
- “Tu sei la padrona e io la serva. Dici così... e io devo crederci. Ma il figlioccio delle Rojenice, perché ti porta solo i fiori del loro giardino e non le collane d'oro e i fili di perle del tesoro che custodiscono? Certo: dalle sue scalate tra i monti ti porta rododendri e stelle alpine... è molto romantico e pieno di tenerezza. Del resto, cosa te ne fai, Jerica, del giallo oro e dei gioielli? Hai beni e denaro in abbondanza, quindi preferisci adornare i tuoi bei capelli biondi con fiori e non con diademi. Lui ti porta candide stelle alpine tutti i giorni, e la genzianella è il suo regalo di fidanzamento: sicuramente la fidanzata del Cacciatore è la ragazza più invidiata della valle!”
Così parla Špela e prima che Jerica possa dire una parola, fugge via, come la vespa dopo aver punto.
Fine della seconda puntata (clicca qui per la terza)
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