Con questo post vi racconto una stupenda traversata sui monti della val di Fassa, lungo dimenticati sentieri di guerra, creste esposte, valli solitarie e cime ultrapanoramiche... Un po' come visitare il paradiso... degli escursionisti!
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(Alba di Canazei, Trento, 12 agosto 2017) - L'obbiettivo di oggi è partire da Alba, in alta val di Fassa, e raggiungere Pera, toccando la cima del Col Ombert. Comincio quindi la mia marcia per il bosco che sale verso la val Contrin.
Dopo poche decine di minuti di salita nel bosco ripido e ombroso, sbuco nell'ampia e pianeggiante val Contrin. Il fondovalle è ancora freddo e in ombra, ma le cime attorno sono già illuminate dal sole del mattino.
Dopo poche decine di minuti di salita nel bosco ripido e ombroso, sbuco nell'ampia e pianeggiante val Contrin. Il fondovalle è ancora freddo e in ombra, ma le cime attorno sono già illuminate dal sole del mattino.
Il Collac illuminato dal sole |
L'aria frizzante mi spinge a camminare in fretta, ma mi fermo volentieri ad osservare e fotografare una coppia di caprioli in una radura sul lato in ombra del vallone.
Capriolo in val Contrin |
Capriolo in val Contrin |
Caprioli in val Contrin |
Mentre avanzo nella valle, che più avanti torna ripida, mi godo il sole che illumina tutto attorno le cime dei monti. Tra questi, anche il Col Ombert, dove salirò.
Il gruppo del Sassolungo |
Col Ombert |
I contrafforti del Gran Vernèl dalla val Contrin |
Superato il rifugio Contrin e la vicina malga, mi aggiro tra i pascoli che salgono verso le pendici delle montagne. Man mano che salgo, il panorama si fa sempre più ampio e imponente.
Il sentierino piega decisamente a destra e si dirige verso la sagoma triangolare del Col Ombert, che da questo lato si mostra come un cono di ghiaie e sfasciumi. Salgo per pascoli popolati da numerose vacche e vitelli che ruminano beati, sempre attorniato dalle stupende montagne del gruppo della Marmolada, veri giganti di pietra, severi e silenziosi. Ad un certo punto decido di lasciare la traccia che sale alla forcella Pasché ed inizio ad attraversare un ampio pendio di massi, tra i quali emergono numerosi resti della Prima Guerra Mondiale.
Camminando attento a non farmi male, tra blocchi di pietra e macigni enormi, arrivo al sentierino, realizzato durante la guerra 15/18, che sale alla cima: questo è una sottile traccia che sale ripidissima e senza dare respiro, sempre più in alto. Gli ultimi metri, pur facili, sono molto aerei e vertiginosi.
Dalla vetta, un panorama a trecentosessanta gradi si svolge intorno a me. Particolarmente impressionante la vista verso ovest: è talmente a picco che sembra di stare su un aereoplano!
Il Col Ombert era uno dei principali caposaldi del sistema difensivo austro-ungarico della val Contrin, e si capisce perché: da qui si domina tutto il circondario. I soldati italiani cercarono inutilmente di conquistarlo nell'ottobre del 1916, ma non riuscirono mai a strapparlo agli Imperiali.
Dopo una breve sosta, riscendo per dove sono salito: ora dovrò cercare un vecchio sentiero che mi porterà a tagliare i pendii alla base del versante nord del Col Ombert, per arrivare al passo San Nicolò. Ricordo di averlo percorso quando ero un ragazzino, forse più di venticinque anni fa! Scendendo, incontro un anziano escursionista che sale: scambiamo due chiacchiere. Secondo lui, il sentiero che voglio percorrere non esiste più! Vedremo...
Giunto alla base della montagna, incomincio a cercare il sentiero di cui vorrei servirmi. Non è facilissimo, ma grazie a mappa e gps riesco ad orientarmi e, attraversando brevemente una zona un po' impervia, raggiungo una vecchia e ripida traccia che mi porta verso i pascoli di Vernadais. Qui vedo il mio sentierino "dimenticato": sembra ancora in buone condizioni.
Per raggiungerlo salgo ad una specie di caverna, con dei muretti di sassi a mo' di rifugio, mentre a poca distanza dei tori muggiscono ferocemente! Il sentiero è esile ma si segue bene, tranne che in un breve tratto in cui sparisce e bisogna camminare su ghiaie senza tracce, ma non ci sono problemi. In poche decine di minuti di moderata salita, giungo in vista dei verdissimi prati del passo San Nicolò e dell'omonimo rifugio. Nel frattempo il cielo si è oscurato e verso nord, davanti al gruppo di Sella, sembra che stia piovendo...
Oltre che nuvoloso, il meteo è anche piuttosto fresco: passo velocemente davanti al rifugio senza fermarmi, in direzione della cresta del Varòs, ma quando sento i primi chicchi di grandine cadermi sulla zucca, faccio dietro-front e mi infilo rapido nell'affollatissimo rifugio! Mi metto quindi in fila al bancone per prendere un te, più che altro per far passare il tempo nel mentre che fuori piove e tira vento. Dopo aver sgomitato ed aspettato alcune decine di minuti, sorseggio il mio te caldo perché, ricordate! come diceva Heinrich Harrer: "Il te è il re delle bevande e la bevanda dei re!". Soprattutto in montagna, quando fuori è un po' freddino...
Finisco di ingurgitare la mia calda bevanda che fuori ha smesso di piovere: posso ripartire!
Mi incammino quindi in salita per una cresta erbosa, col sole che fa capolino tra le nuvole e scalda.
Dopo un po' che salgo arrivo sulla cresta del Varòs, dove erano attestate le artiglierie delle truppe austriache e bavaresi durante la Prima Guerra Mondiale. Devìo brevemente dal percorso più breve per visitare le postazioni dove, cento anni fa, Kaiserjäger e Alpenkorps hanno trascorso interminabili stagioni, in compagnia di freddo, fame e pallottole nemiche.
Dopo aver brevemente visitato questi ripari, scavati nella roccia oltre cento anni fa dai poveri soldati che qui dovettero combattere per un'inutile guerra, proseguo il mio cammino verso il Sas Bianch, un'altura di roccia chiara che contrasta con la scura pietra vulcanica di questo settore del gruppo della Marmolada.
Il percorso che mi aspetta ora è molto interessante e spettacolare: devo percorrere il sentiero attrezzato Lino Pederiva, un facile itinerario che percorre le pendici del Sas de Roces e poi la cresta erbosa, ma aerea, del Roseal.
Procedo quindi a saliscendi, prima in costa alle pendici del Sas de Roces, con vari facili tratti, un po' esposti, attrezzati con mancorrente di fune metallica. Giungo poi sulla cresta erbosa del Roseal, anche qui spesso in discreta esposizione e comunque con sensazione di essere sospeso per aria e con spettacolari panorami tutto intorno.
L'incanto di questo luogo magnifico viene un po' rovinato quando giungo nei pressi della Sella Brunech, dove giungono gli impianti di risalita del Ciampac e della val Giumela: costruzioni, strade sterrate, tralicci e seggiovie deturpano pesantemente il paesaggio e l'ambiente naturale. Questo è il prezzo da pagare per lo sviluppo turistico. Oltretutto il cielo è di nuovo color del piombo e ricomincia a piovere...
Infilo la giacca antipioggia e anche i guanti, dato che fa discretamente freddo, e inizio la discesa per l'ampia strada sterrata che percorre i verdissimi pascoli della val Giumela.
Arrivato nei pressi della malga Giumela alta, sto attento a non svegliare i cani pastore che dormono sull'uscio delle baite, e proseguo verso il basso. Arrivo nel punto in cui il vallone si stringe (la mulattiera in un breve tratto è un po' meno evidente, ma c'è un cartello che indica chiaramente "Malga Giumela") e continuo la mia scarpinata. In alcune decine di minuti raggiungo la malga Giumela bassa, al limite superiore dei boschi.
Da sottolineare come, durante tutto questo tratto di percorso non ho incontrato alcun essere umano...
Dalla malga Giumela bassa, sempre su un'ampia carrozzabile non asfaltata, procedo tra i boschi di abeti, con bellissimi scorci sulle montagne intorno.
Per un cammino che sembra non finire mai, arrivo finalmente a Pera, nei pressi del parco giochi. Da qui, lungo la ciclabile, finalmente a casa... Che faticata!!!
Cima Ombretta |
Col Ombert |
Cima Ombretta |
Panorama verso il gruppo della Marmolada |
La val Contrin: sullo sfondo Sassolungo e Sella |
Ombretta e Sasso Vernale |
Col Ombert e passo San Nicolò |
Val Contrin e massiccio dei Vernèl, Marmolada, Ombretta |
Una scatoletta resto della guerra: dovrebbe avere almeno 100 anni |
Fortificazioni austro-ungariche nei pressi di forcella Pasché |
Il ripido pendio del Col Ombert |
Salendo sul Col Ombert |
Dalla cima del Col Ombert verso la val Contrin |
Il Col Ombert era uno dei principali caposaldi del sistema difensivo austro-ungarico della val Contrin, e si capisce perché: da qui si domina tutto il circondario. I soldati italiani cercarono inutilmente di conquistarlo nell'ottobre del 1916, ma non riuscirono mai a strapparlo agli Imperiali.
Vista dalla vetta del Col Ombert verso il passo S. Nicolò e i Pra' de Contrin |
Cima Uomo |
Scendendo dal Col Ombert, vista verso i Vernel e punta Penìa |
Dopo una breve sosta, riscendo per dove sono salito: ora dovrò cercare un vecchio sentiero che mi porterà a tagliare i pendii alla base del versante nord del Col Ombert, per arrivare al passo San Nicolò. Ricordo di averlo percorso quando ero un ragazzino, forse più di venticinque anni fa! Scendendo, incontro un anziano escursionista che sale: scambiamo due chiacchiere. Secondo lui, il sentiero che voglio percorrere non esiste più! Vedremo...
La forcella Pasché con, da sinistra, le cime Cadine, cima Uomo e punta del Ciadin |
Sasso Vernale |
Sulla sinistra passa il sentierino che porta al passo San Nicolò |
Per raggiungerlo salgo ad una specie di caverna, con dei muretti di sassi a mo' di rifugio, mentre a poca distanza dei tori muggiscono ferocemente! Il sentiero è esile ma si segue bene, tranne che in un breve tratto in cui sparisce e bisogna camminare su ghiaie senza tracce, ma non ci sono problemi. In poche decine di minuti di moderata salita, giungo in vista dei verdissimi prati del passo San Nicolò e dell'omonimo rifugio. Nel frattempo il cielo si è oscurato e verso nord, davanti al gruppo di Sella, sembra che stia piovendo...
Il sentierino parte da qui |
Panorama verso il massiccio della Marmolada |
Al termine del sentierino |
Finisco di ingurgitare la mia calda bevanda che fuori ha smesso di piovere: posso ripartire!
Il passo San Nicolò e le nuvole che, da lì a pochi minuti, rovesceranno grandine e pioggia |
Dopo un po' che salgo arrivo sulla cresta del Varòs, dove erano attestate le artiglierie delle truppe austriache e bavaresi durante la Prima Guerra Mondiale. Devìo brevemente dal percorso più breve per visitare le postazioni dove, cento anni fa, Kaiserjäger e Alpenkorps hanno trascorso interminabili stagioni, in compagnia di freddo, fame e pallottole nemiche.
Salendo alla cresta del Varòs, vista su Col Ombert e passo San Nicolò |
Riparo della Prima Guerra Mondiale, cresta del Varòs |
Vista sul gruppo del Sella, con a destra il Piz Boè |
Riparo austro-ungarico, cresta del Varòs: sullo sfondo si vedono le cime su cui erano le postazioni dell'esercito italiano |
Riparo della Prima Guerra Mondiale, cresta del Varòs |
Gruppo della Marmolada |
La cresta dentellata del Varòs si confonde con lo sfondo (Punta Penia e Ombretta) |
Dalle pendici del Sas Bianch verso il Sas de Roces |
Sentiero Lino Pederiva |
Dal sentiero Pederiva, vista verso la val San Nicolò |
Dal sentiero Pederiva vista verso la val San Nicolò |
Cima Uomo e cresta di Costabella dominano val San Nicolò |
Dalla cresta del Roseal, vista su Crepa Negra e gruppo del Sassolungo |
La cresta del Roseal |
Sas de Roces dalla cresta del Roseal |
Cresta del Roseal |
Vernel e Punta Penìa |
Alta val Giumela, sullo sfondo gruppo del Catinaccio |
Scendendo in val Giumela |
Arrivato nei pressi della malga Giumela alta, sto attento a non svegliare i cani pastore che dormono sull'uscio delle baite, e proseguo verso il basso. Arrivo nel punto in cui il vallone si stringe (la mulattiera in un breve tratto è un po' meno evidente, ma c'è un cartello che indica chiaramente "Malga Giumela") e continuo la mia scarpinata. In alcune decine di minuti raggiungo la malga Giumela bassa, al limite superiore dei boschi.
Da sottolineare come, durante tutto questo tratto di percorso non ho incontrato alcun essere umano...
Malga Giumela bassa |
Dalla malga Giumela bassa, sempre su un'ampia carrozzabile non asfaltata, procedo tra i boschi di abeti, con bellissimi scorci sulle montagne intorno.
Per un cammino che sembra non finire mai, arrivo finalmente a Pera, nei pressi del parco giochi. Da qui, lungo la ciclabile, finalmente a casa... Che faticata!!!
Pozza e Vigo di Fassa |
Gruppo della Vallaccia |
Lungo la carrozzabile tra la Malga Giumela e Pera di Fassa |
Pera di Fassa, ai piedi del Larsec |
Commento finale
E' stata un'escursione lunghissima, faticosa soprattutto per lo sviluppo chilometrico, ma considerare che comunque ci sono, tra vari saliscendi, 1650 m D+ e 1850 m D- !
Gli ambienti attraversati sono molto vari e i panorami estesissimi e spettacolari. Molto interessanti, per gli appassionati, le abbondanti testimonianze della Prima Guerra Mondiale che si possono rinvenire lungo il percorso e nei dintorni. Peccato che sella Brunech e val Giumela siano rovinati dagli impianti sciistici, ma il resto dell'escursione (95% del percorso) si svolge in luoghi ancora intatti!
Del resto, ho incontrato scarsi escursionisti, se non nel tratto tra passo San Nicolò e sella Brunech, frequentato, ma dove comunque non c'erano folle. Per il resto la gita è stata piuttosto solitaria e tranquilla, nonostante sia partito presto, ma non certo all'alba!
La traversata, come l'ho fatta io, si esegue facilmente grazie al servizio autobus di Trentino Trasporti, che offre bus di linea ogni 30 minuti sin dal primo mattino.
Gita meravigliosa consigliabile a tutti gli escursionisti!!!
Gli ambienti attraversati sono molto vari e i panorami estesissimi e spettacolari. Molto interessanti, per gli appassionati, le abbondanti testimonianze della Prima Guerra Mondiale che si possono rinvenire lungo il percorso e nei dintorni. Peccato che sella Brunech e val Giumela siano rovinati dagli impianti sciistici, ma il resto dell'escursione (95% del percorso) si svolge in luoghi ancora intatti!
Del resto, ho incontrato scarsi escursionisti, se non nel tratto tra passo San Nicolò e sella Brunech, frequentato, ma dove comunque non c'erano folle. Per il resto la gita è stata piuttosto solitaria e tranquilla, nonostante sia partito presto, ma non certo all'alba!
La traversata, come l'ho fatta io, si esegue facilmente grazie al servizio autobus di Trentino Trasporti, che offre bus di linea ogni 30 minuti sin dal primo mattino.
Gita meravigliosa consigliabile a tutti gli escursionisti!!!
Tracciato dell'escursione |
A sinistra la val Contrin, a destra la cresta San Nicolò - Roseal e la val Giumela |
Si vede bene tutta la discesa con il tratto nella verdissima val Giumela |
Dati dell'Escursione
Data: 12 agosto 2017
Partenza: Alba di Canazei, 1510 metri
Arrivo: Pera di Fassa, 1310 metri
Punto più alto: vetta del Col Ombert, 2670 metri
Arrivo: Pera di Fassa, 1310 metri
Punto più alto: vetta del Col Ombert, 2670 metri
Dislivello totale in salita: 1650 metri circa
Dislivello totale in discesa: 1850 metri circa
Tempo impiegato: 8 h circa (soste comprese) - 3 h da Alba 1510 m alla cima del Col Ombert 2670 m; 3 h dalla cima del Col Ombert alla sella Brunech 2428 m; 2 h dalla sella Brunech a Pera 1310 m
Sviluppo del percorso: circa 27 Km
Sviluppo del percorso: circa 27 Km
Difficoltà: EE: la salita alla cima del Col Ombert non presenta grandi difficoltà, ma il sentiero è stretto, molto ripido e i pendii attraversati un po' franosi. Stesso discorso per il sentierino che taglia sotto il versante nord del Col Ombert per raggiungere il passo San Nicolò: in più qualche difficoltà di orientamento, dato che non è evidentissimo, oltre che non più segnalato, il tratto che lo raccorda con il sentiero E607 (Contrin - pas Pasché); il sentiero Lino Pederiva, invece, è un facile sentiero attrezzato che non comporta passaggi particolarmente ostici, ma è spesso esposto. In alcuni tratti è ottimamente attrezzato con cavo d'acciaio per corrimano, ma il tratto di cresta del Roseal non è assicurato ed è piuttosto "aereo": può dare problemi agli escursionisti meno esperti, che soffrono in modo particolare l'esposizione. Considerare che se bagnato, l'itinerario diviene ancora più "delicato". Il resto dell'escursione si svolge su facili sentieri escursionistici.
Attrezzatura: Scarpe da montagna ed eventualmente bastoni da escursionismo.
Ren, non hai approfondito nel tuo racconto la questione dei tori che muggivano ferocemente, ma immagino che visto che sei qui a raccontarla, nulla sia seguito al minaccioso verso del suddetto bovino domestico.
RispondiEliminaSì Leo, niente di pericoloso, non ce l'avevano con me; forse sentivano che stava cambiando il tempo, boh? Certo però non è che fosse proprio piacevole sentirli mugghiare!
EliminaGrazie per il commento